Appunti che riassumono il pensiero filosofico dell'età moderna. Dal "cogito" di Cartesio al Leviatano di Hobbes, dalla riflessione di Spinoza su Dio ai "Pensieri" di Cartesio. Fino al genio di Voltaire e alla fisica di Newton, attraverso l'articolata critica di Kant.
Filosofi dell'età moderna
di Carlo Cilia
Appunti che riassumono il pensiero filosofico dell'età moderna. Dal "cogito" di
Cartesio al Leviatano di Hobbes, dalla riflessione di Spinoza su Dio ai
"Pensieri" di Cartesio. Fino al genio di Voltaire e alla fisica di Newton,
attraverso l'articolata critica di Kant.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia della filosofia moderna1. Cartesio e razionalismo moderno
Il razionalismo moderno trova in Cartesio il suo principale termine di riferimento: se da un lato, infatti, egli
vede nella ragione il punto di partenza di ogni sapere filosofico, dall’altra procede a una radicale revisione
delle precedenti visioni razionalistiche.
La ragione: nel Discorso sul metodo la ragione è definita come il potere di giudicare distinguendo il vero dal
falso. È importante sottolineare che il razionalismo cartesiano presuppone il carattere intuitivo della
conoscenza e non più logico-formale. Il Discorso è uno scritto in forma autobiografica che si traduce in un
resoconto del colloquio dell’autore con la propria ragione. La ragione è una e uguale in tutti gli uomini. La
ragione è per Cartesio una facoltà specificamente umana che trova in Dio soltanto il garante della propria
validità. Dall’unità della ragione dipende immediatamente l’unità del sapere: le diverse scienze allora non
sono condizionate dalla specificità dei singoli contenuti perché si basano su principi che la ragione ritrova in
se stessa. La ragione riflette dunque sulle scienze la propria unità. La filosofia allora si configura come la
disciplina madre che ha il compito di coordinare tutte le altre, un albero di cui le radici sono la metafisica, il
tronco la fisica, i rami la meccanica, la medicina e la morale.
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Filosofi dell'età moderna 2. Metodo cartesiano. Intuito e deduzione
Metodo: il metodo cartesiano è già definito sin dalle Regular ad directionem ingenii. Per metodo intendo
delle regole certe e facili, osservando le quali esattamente, nessuno darà mai per vero ciò che è falso. Nel
Discorso queste regole sono ridotte a quattro:
dell’evidenza => accogliere solo ciò che è chiaro e distinto
l’analisi => bisognerà dividere i problemi nei loro elementi più semplici
la sintesi => permette di risalire dagli oggetti più semplici a quelli più complessi
le enumerazioni => permettono di verificare se non si è dimenticato nulla
Cartesio poi afferma che gli strumenti per giungere a conoscenza certa sono l’intuito e la deduzione:
intuito ha per oggetto le conoscenze immediatamente evidenti alla ragione riguarda cioè le cose semplici
(l’estensione, la figura, il movimento, l’esistenza, il dubbio). Esso coincide in termini di processo
conoscitivo all’analisi che è in grado di cogliere le singole verità
deduzione concerne invece la congiunzione necessaria tra cose semplici per giungere a cose composte, cioè
consente di passare da verità immediatamente evidenti, a verità ostruite attraverso la ragione. La deduzione
allora procede discorsivamente e coincide con la sintesi che dall’unione di concetti semplici fa scaturire
concetti più complessi.
Questi due strumenti sono in grado di costituire non solo la base della matematica, ma della scienza tutta che
viene chiamata da Cartesio mathesis universalis ossia scienza dell’ordine e della misura.
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Filosofi dell'età moderna 3. Dubbio come strumento metodologico in Cartesio
È l prima regola del metodo quella che sta al principio della speculazione cartesiana: bisogna accettare
soltanto ciò che risulta “evidentemente” vero. Questo invita chi è in cerca della verità a sospendere ogni
forma di giudizio per evitare di cadere in errore. A questo punto l’unico modo per procedere su questa via è
trasformare il dubbio stesso in uno strumento metodologico. Nel momento in cui mi impegnerò a dubitare di
tutto e qualcosa si sottrarrà al mio dubitare, beh quella cosa sarà necessariamente evidente e quindi certa. La
prima cosa di cui si deve dubitare sono i sensi. Così come talvolta essi ci ingannano, perché escludere che
essi possano ingannarci sempre? Allo stesso modo dobbiamo dubitare persino della nostra esistenza
corporea perché non è detto che la realtà che ci circonda non possa essere il prolungamento di quella che
costruiamo nei sogni. Bisognerà infine dubitare delle stesse certezze matematiche perché non è da escludere
che Dio possa permettere che io stesso mi inganni o che esista un genio maligno che goda del mio errore.
Cartesio in questo modo giunge all’intuizione per la quale pur dubitando di ogni cosa, anche la più certa
come è considerata la matematica, non potrò mai dubitare del fatto stesso che io esisto. Ma se è evidente che
dubito è altrettanto evidente che io penso.
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Filosofi dell'età moderna 4. Idee innate, avventizie e fittizie in Cartesio
I suoi contemporanei gli mossero una critica basata sul fatto che il sillogismo di cui si serve Cartesio e di cui
è espressione il termine ergo in realtà si basa su premesse indimostrate in maniera certa (ossia il fatto che
tutto ciò che si pensa esiste - io penso - dunque io esisto). In realtà Cartesio risponde all’obiezione
precisando che non si tratta di una verità raggiunta attraverso ragionamento, ma di un’intuizione che il
soggetto pensante ha nel momento stesso in cui utilizza la facoltà che gli è più propria, il pensare. L’io è
dunque certo di pensare e dunque di esistere. Oltre che della propria esistenza il soggetto è anche certo delle
proprie idee che sono per Cartesio l’oggetto immediato del pensiero stesso, cioè le rappresentazione che il
soggetto ha necessariamente nell’atto del pensare. In questo senso egli non riconosce alcuna autonomia
(come aveva voluto Platone) ad esse ma le considera assolutamente dipendenti dall’atto del pensare proprio
dell’oggetto: senza il pensare non ci sarebbero idee. Distingue tre tipi di idee:
innate che corrispondono a verità conseguibili con il solo esercizio del pensiero
avventizie che sembrano provenirci dall’esterno (gli oggetti d’esperienza)
fittizie sono quelle inventate dal soggetto stesso
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Filosofi dell'età moderna 5. Idea di Dio e dimostrazioni in Cartesio
Cartesio in un certo senso riconosce maggior validità alle prime, poiché le ultime non hanno alcun riscontro
nella realtà, mentre le idee avventizie non possono essere garanti di verità in quanto basate sulla realtà
sensibile. Le uniche ad esserlo sono appunto le idee innate:esse possiedono una realtà implicita ad esse
stesse; tale è l’idea di Dio. L’uomo infatti non può avere un’idea di perfezione che derivi da una sua
costruzione, perché egli è per natura imperfetto. L’idea di perfezione divina deve perciò provenire
obbligatoriamente da un Essere perfetto che esiste realmente al di fuori dell’idea che ho di Lui. È questa la
prima delle dimostrazioni dell’esistenza di Dio. La seconda è basata sulla consapevolezza del mio essere
imperfetto: io non posso essere causa di me stesso poiché non sarei in grado in quanto essere imperfetto di
dare a me stesso l’essere. A queste due dimostrazioni si potrebbe obiettare che l’uomo potrebbe costruirsi
l’idea di Dio da essere imperfetto pensando a ciò che gli manca e identificandolo con la perfezione; se non
fosse che, Cartesio concepisce la perfezione strettamente legata all’esistenza arrivando così alla terza
dimostrazione: se un essere perfetto non esistesse non avrebbe la perfezione. Ma l’esistenza di Dio per
Cartesio giunge ad avere una valenza gnoseologica: egli è il garante della conoscenza del soggetto. In questo
modo l’intelletto è infallibile; sarà la volontà semmai a portare all’errore, ossia l’errore deriva da un assenso
che la volontà dà prima che la conoscenza risulti chiara distinta.
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Filosofi dell'età moderna 6. Sostanza pensante e sostanza estesa in Cartesio
La sostanza: al pensiero Cartesio riconosce una dimensione ontologica: esso non è soltanto una facoltà, ma
una sostanza: essa è nei Principi definita come “una cosa che esiste in tal modo da non avere bisogno che di
se medesima per esistere; in senso proprio questo concetto compete solo a Dio. È infatti solo Dio per se
bubsistens. Vanno però distinti due tipi di sostanza: la sostanza pensante priva di estensione e indivisibile, e
la sostanza estesa e divisibile. L’intelletto conosce distintamente gli attributi pensiero ed estensione di tali
sostanze, perciò che esse assumono due esistenze specifiche diverse. È da ciò che scaturisce il dualismo
metafisico di Cartesio
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Filosofi dell'età moderna 7. "Cogito ergo sum" di Cartesio
Dopo avere revocato in dubbio ogni certezza, la filosofia di Cartesio muove da un urico principio, la
proposizione "penso, dunque sono" o, -nella forma latina cogito ergo sum - dalla quale derivano due
conseguenze fondamentali: che l'io esiste come pura mente o coscienza - della quale non sappiamo se sia
unita a un corpo- e che tutto ciò che concepiamo chiaramente e distintamente è vero. Da questi due principi
la metafisica di Cartesio procede a ricostruire il quadro della realtà; la certezza della nostra esistenza,
insieme all'idea chiara e distinta di Dio quale nostro autore e garante della verità della nostra conoscenza, ci
conducono, secondo il filosofo francese, ad affermare la realtà di un mondo pensato secondo il concetto
puramente geometrico-meccanico di estensione. o materia. La filosofia cartesiana, dunque, pur avendo altri
motivi di ispirazione, privilegia un interesse di tipo scientifico e individua il punto focale della sua
speculazione nel nesso che lega la fisica alla metafisica. Sia Cartesio che Galilei concordano nel criticare la
fisica aristotelico-scolastica e nell'assumere la matematica come strumento più idoneo a penetrare la
struttura del mondo.
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Filosofi dell'età moderna 8. "Discorso sul metodo" del 1637 di Cartesio
Il "Discorso sul metodo" fatto uscire anonimo, nel 1637, è ritenuto il manifesto di una nuova epoca del
pensiero umano, l'interesse per l'opera è aumentato dalle dimensioni ridotte del testo e dalla trasparenza
della prosa francese. Cartesio delinea il proprio ideale scientifico e i passi successivi che lo hanno condotto a
staccarsi dalla tradizione scolastica e ad elaborare un nuovo e rivoluzionario metodo filosofico. Egli ha una
percezione profonda dell'esaurimento della filosofia della tradizione, la quale è superata da una nuova
metafisica. Il Discorso è accompagnato da tre brevi memorie su La diottrica, Le meteore e La geometria, è
diviso in sei parti: nella prima si parla della scienza, nella seconda delle Regole indispensabili per ragionare,
nella terza della Morale, nella quarta di Dio, nella quinta della Fisica e nell'ultima della Natura. Il tutto
comincia con un elogio al buonsenso. Ognuno di noi, dice, ne è provvisto quanto basta. Ma che cos'è il
buonsenso ? "E' la facoltà di distinguere il vero dal falso, o, perlomeno, il probabilmente vero dal
probabilmente falso. L'importante è non lasciarsi prendere dall'entusiasmo ". Detto in altre parole, ci
consiglia di praticare il dubbio ogniqualvolta siamo costretti ad esprimere un'opinione. Il problema centrale
è, per il filosofo francese, la ricerca della verità., bisogna fissare delle verità eterne, che esistono, e una volta
scoperte, attraverso un procedimento deduttivo, Cartesio scopre le verità del mando. La sua è una logica
analitica, ogni nozione contiene nel suo interno delle verità da trovare. Queste verità, però, non si possono
trovare attraverso un procedimento empirico, poiché di fronte a posizioni scettiche, queste crollano.
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Filosofi dell'età moderna 9. Razionalismo di Cartesio
L'unica prospettiva filosofica sostenibile è il razionalismo. La cultura della tradizione (sia Aristotelica, che
Platonica), con il loro sapere retorico, verbalistico, non hanno più senso. Cartesio non può sopportare che
basta parlare della realtà per conoscerla, e ancor peggio per trasformarla. Tra le scienze della tradizione, che
egli critica, vi è la logica aristotelica (considerata inutile), la poesia e la storia, che non è una scienza, quindi
è inutile. Si pone il problema della certezza delle scienze, con quello della storia. Per Cartesio se una verità
non si può costruire con modelli matematici, non è vera. Con Vico, poi, attraverso la ragione, la storia
diventerà scienza. Per il filosofo francese, dunque, solo matematica e fisica da un punto di vista logico e
dimostrativo sono perfette, egli. capisce che il sapere tradizionale non è un sapere veritativo, nessuna
esperienza certa può nascere dall'esperienza empirica, attraverso i sensi. La visione di Cartesio è
profondamente radicale, ed è per questo che dice che bisogna applicare 1'epochè (la sospensione del
giudizio, praticata e introdotta dagli scettici). Se non possiamo avere un criterio di certezza, la verità non
esiste, e se non esiste è inconoscibile, possiamo dunque fermarci a ciò che è verosimile. Ma a Cartesio
questo discorso non può soddisfare, poiché la verità deve essere una è vera.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna 10. Intuizione e deduzione in Cartesio
Cartesio è un autore della filosofia forte, e ritiene che dinnanzi alla realtà bisogna attuare una cautela
dubitologica, bisogna sempre procedere col dubbio metodico, che induce alla cautela, a non cadere in
posizioni dogmatiche. Nella seconda parte del “Discorso”, Cartesio riassume il suo metodo sotto forma di
quattro precetti molto generali: 1. (regola dell’evidenza) Devono essere accolte come vere solo le idee che si
presentano alla nostra mente in modo chiaro e distinto. 2. (Regola dell'analisi) Suggerisce di "dividere" ogni
problema o "difficoltà" nelle sue parti elementari. 3. (Regola della sintesi) Disporre i propri pensieri secondo
un ordine che procede da una minore a una maggiore. 4. (Regola dell'enumerazione completa) Verifica. La
certezza della conoscenza si fonda sull'evidenza dell'intuizione e sul rigore della deduzione. Per genesi e
struttura questo metodo si mostra particolarmente idoneo a essere impiegato in matematica. L'ideale di una
"scienza matematica universale" deducibile "matematicamente" da pochi principi conosciuti a priori ( intuiti
con chiarezza e distinzione, o tratti dalla metafisica), rappresentano uno dei tratti distintivi della filosofia
cartesiana.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna 11. "Meditazioni della filosofia prima". Atto di pensare è essere
Nel 1641 Canaste pubblica l'opera con il titolo di " Meditazioni sulla filosofia prima", aggiungendovi le
principali obiezioni ricevute da Gassendi, Hobbes, e Arnaul, e le proprie risposte. Si tratta, da un lato, di
trovare un criterio di verità certo e indubitabile, che garantisca l'universale applicabilità delle regole del
metodo, dall'altro lato, occorre risolvere grandi questioni di metafisica generale (quali il problema
dell'esistenza di Dio, e dell'immortalità dell'anima).. Dopo aver portato all'estremo l'esercizio del dubbio
(che previene l'azione di un genio maligno che ha impiegato tutta la sua industria per ingannarmi), Cartesio
perviene ad un primo fondamento sicuro: il principio del cogito. Di tutto posso dubitare, tranne che del fatto
stesso di dubitare, cioè di pensare, quindi di esistere. Cartesio genio della semplicità trova un punto da cui
ricominciare, tutto è messo in dubbio tranne che qualcuno metta in dubbio. Se io metto in dubbio, compio un
atto, e se c'è un atto, ci sarà anche un io che lo compie. Nell'atto di mettere in dubbio io penso, ma se io
penso, ergo esiste il pensiero, che è l'atto del pensare. Quindi Cogito ergo sum, penso quindi sono. L'atto del
pensare è l'essere. Questo non è un sillogismo, ma è un intuizione intellettuale, e cosa dimostra? Cosa sono
io che penso? Un essere pensante (res cogitans).
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna 12. Idee innate in Cartesio
Il pensare è pensiero, e la sostanza (res cogitans) è la natura pensante. Vi è una coincidenza tra essere e
pensiero. La sostanza che è pensiero, non è una sostanza fisica, ergo è spirituale (i francesi la chiamavano
asprì). Cartesio dice che esiste lui come pensiero, ma non gli altri, di cui non ha nessuna esperienza. Se
esiste una sostanza che è pensiero, io posso indagare sulle sue forme, sulle sue caratteristiche. Il pensiero è
produzione di idee, ma quale idee ci sono nel mio spirito? Quali produzioni di pensieri? Vi sono pensieri che
sono prodotti dalla mia attività immaginativa, e che provengono dall'esterno, ma ci sono anche idee che non
sono state formate da me, che non sono il prodotto della mia immaginazione, che non provengono
dall'esterno, ma sono proprie della sostanza pensante, che ha delle idee innate ( ci sono anche le idee
avventizie e fittizie). Questo è il motivo per cui Cartesio è ritenuto un filosofo innatista, perché appunto
pone l'esistenza di idee innate.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna 13. Esistenza e perfezione di Dio
Ma chi ha messo queste idee in me? Queste idee, sono idee la cui grandezza, supera la mia perfezione,
poiché l'imperfetto non può creare il perfetto, queste idee sono create da Dio, e quindi l'idea stessa di Dio, a
priori e in me (prima prova). Vediamo se io stesso che ho l'idea di Dio, potrei esistere, se Dio non esistesse.
Da chi avrei l'essere? Da me stesso? Ma se il soggetto fosse autore del suo essere, non dubiterebbe, sarebbe
Dio (seconda dimostrazione dell'esistenza di Dio). La terza prova dell'esistenza di Dio, che costituisce
l'argomento principale della quinta meditazione, è un argomento a priori. L'esistenza è una perfezione, ora
Dio ha tutte le perfezioni, dunque Dio esiste. L'esistenza di Dio fonda il criterio di verità nel senso che
fornisce la garanzia morale (non può volermi ingannare) che la memoria non mi confonde, quando la
applico nella dimostrazione di problemi complessi e difficili. Dall'approfondimento di queste verità eterne io
posso ricavare tutte le verità. Tutti siamo dotati di lume, naturale (ragione) in misura ottima, il quale se
rettamente utilizzato ci conduce alle scoperte i tutte le verità. Cartesio in questa fase ha già scoperto che
esiste e che esiste anche Dio, manca ancora l'esistenza del mondo esterno e in primis del suo corpo. Dopo,
dunque, aver dimostrato che esiste il mondo dello spirito, devo dimostrare che esiste il corpo della materia, e
a ciò serve a aver dimostrato l'esistenza di Dio. Infatti, quest'ultimo rappresenta il garante, e grazie a lui io
ho la garanzia che quello che vedo è vero. Il mondo esterno esiste come realtà materiale, distaccata dalla
realtà spirituale.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna 14. Materia e conoscenza in Cartesio
La materia è per Cartesio una sostanza estesa (res extensa), che occupa lo spazio secondo tre dimensioni:
lunghezza, larghezza e profondità. Le realtà sono dunque tre: pensante, materiale e Dio. Le cose corporee,
conclude Cartesio esistono. Certo, le cose non esistono così come le sentiamo, poiché la sensazione è in
molti casi oscura e confusa, e va quindi corretta alla luce delle nozioni chiare e distinte- della conoscenza
matematica. La conoscenza sensibile, ha una funzione pratica che contribuisce a farci conoscere gli aspetti
utili o dannosi degli altri corpi. Ora sebbene Dio non mi inganni, io posso farlo, ma perché mi inganno?
(esempio del vino e del rame nell'acqua) Cosa fa nascere l'errore? L'uso non retto della ragione, ma cosa mi
induce a ciò? La volontà e le passioni (ne individua sei). Cartesio indaga questo mondo del soggetto, che è
oggetto della scienza meccanica, e pensa che l'uomo sia formato in maniera distinta da corpo e spirito,
l'anima è solo pensiero, e il corpo vive indipendentemente dall'anima.
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Filosofi dell'età moderna 15. Vita animale in Cartesio
La vita animale non nasce dall'anima, ma per suoi principi propri. La fonte della vita è il calore la cui sede è
il cuore. Nasce con Cartesio una nuova medicina, è l'uomo viene visto come una macchina (modello del
meccanicismo). Ma perché la vita è nata dal calore è ha sede nel cuore? Perché i corpi freddi sono morti e
perché il cuore pompa il sangue in tutto il corpo attraverso il movimento della contrazione e dilatazione. Il
sangue che è nel cuore viene riscaldato, il cuore si dilata ed esce il sangue caldo (cuore si restringe
nuovamente), per rientrare sangue freddo, per poi riscaldarsi nuovamente, e andare nei polmoni per
ossigenarsi. I polmoni sono dei luoghi di raffreddamento, e permettono un equilibrio termico, sono dei
"radiatori", che fanno uscire aria calda e umida. Il fegato, invece, produce il sangue, che porta in tutto il
corpo gli spiriti animali, che lo fanno vivere. Ma dov'è l'anima, lo spirito? Nel cervello, in un punto ben
preciso: nella ghiandola situata in un punto strategico del sistema nervoso, 1'ipofisi, che produce non solo
l'ormone della crescita, ma nelle donne anche il latte. E' un punto che lega il cervello a tutto l'organismo. Si
presentano, però, dei problemi:
1 } Col calore non viene spiegata l'origine della vita.
2) Come si fa a spiegare che la sostanza materiale entra in comunicazione con quella dello spirito?
Dio-mondo, e Dio-anima sono le distinzioni che fanno da corollario alla teoria dell'immortalità dell'anima. Il
corpo muore, ma non lo spirito.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofi dell'età moderna